psicologia

L’armata dei sonnambuli, un capolavoro di Wu Ming

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La copertina del libro
La copertina del libro

Ho appena finito di leggere questo poderoso volume di circa 800 pagine e devo dire di essere rimasto davvero colpito, in modo positivo, dall’ultimo lavoro di Wu Ming. Il libro è una miniera di informazioni davvero sorprendente per gli appassionati di storia e la trama  è costruita in modo davvero attento e preciso, con una cura per i dettagli quasi maniacale. Scrivere un’opera tanto complessa e documentata non deve essere stato facile per il collettivo di scrittori che si cela dietro l’enigmatico nome di Wu Ming, ma lo sforzo è davvero riuscito a presentare una Rivoluzione Francese come non si era mai vista. Credo che non riuscirò mai più a spiegare questo fondamentale evento della storia senza fare riferimento a Scaramouche, l’eroe mascherato, ai “muschiatini” e a tutti i complotti orditi dai fedeli della monarchia contro la repubblica. Ogni personaggio trova una sua contestualizzazione puntuale e la trama cresce, all’inizio pian piano, lasciando più spazio al racconto degli eventi storici, per poi aumentare in tensione verso la fine del libro. Forse il mio personaggio preferito è il dottore mesmerista D’Amblanc ma tutti, da quelli principali ai comprimari, difficilmente potranno cancellarsi dalla mia memoria.

L'”angosciante possibilità di potere”

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KierkegaardNonostante il clima vacanziero, o forse proprio a causa di esso, mi ritrovo da un po’ di giorni a riflettere su di un tema a me caro, quello delle “scelte” che possiamo fare nel corso della nostra vita. Parecchi filosofi hanno affrontato questo tema nel corso della storia ma vorrei fermarmi a riflettere, oggi, sul pensiero di Kierkegaard. Secondo il filosofo danese la nostra vita è caratterizzata da una continua angoscia derivata proprio dalla libertà di scegliere che caratterizza l’esistenza umana; l’uomo è angosciato, si potrebbe dire, “dalla possibilità di potere”. Lasciando da parte l’origine di tale angoscia, che il filosofo ritrova nel divieto imposto da Dio ad Adamo di mangiare i frutti dall’albero della conoscenza, chi può negare che la vita umana sia davvero caratterizzata, per certi versi, da tale angoscia?

Se riflettiamo attentamente, ogni nostra azione è frutto di una più o meno scelta consapevole. Anche la più insignificante. Nel momento in cui compiamo un’azione, questa diventa irreversibile, con tutte le conseguenze del caso. La libertà, infatti, presuppone la possibilità di agire come meglio crediamo, all’interno di un sistema di valori precostituito con il quale ci troviamo a dover fare i conti. La nostra vita è indissolubilmente legata a quella degli altri e ogni nostra azione porta a necessarie conseguenze, nel breve o nel lungo periodo.

Tutto questo non vuol dire che dobbiamo vivere ogni nostra scelta in modo angosciante, ma che dobbiamo avere la consapevolezza che le scelte sono una nostra responsabilità da non demandare ad agenti esterni, sovrannaturali o terreni che siano.  Se poi dovesse esistere il destino, allora, tutto il discorso cadrebbe in un attimo, lasciando spazio solo al pensiero di una vita decisa a priori  nella quale non saremmo altro  che tristi marionette….

Il passaggio del tempo e i discorsi in spiaggia….

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???????????????????????????????????????Ormai consolidato il fatto che il passaggio del tempo è uno dei miei temi preferiti, l’altro pomeriggio, al mare, ho ascoltato una parte di un discorso di una signora con una sua amica il cui fulcro era proprio lo scorrere del tempo…l’occasione era il compleanno della signora A, che compiva 40 anni mentre un certo ragazzo X, a quanto riportato dalla signora B, ne compiva solo 19; questo dato ha fatto si che la signora A esclamasse la solita “formuletta”: “Ah, quanto vorrei tornare indietro…vorrei proprio far cambio, io 19 e lui 40″….tutto qui, il discorso da me sentito…poi sono sprofondato nella mia musica grazie agli onnipresenti auricolari.

Ora, il discorso è senz’altro banale, ma a chi non è mai capitato di ascoltarlo o di pronunciarlo, seppur con alcune ovvie varianti? Qual è la ragione di un siffatto ragionamento? Non si è contenti della vita attuale e si vuole tornare a quella precedente, come se in quella passata i problemi fossero inesistenti? A mio avviso molti di noi, guardando al proprio passato, lo “colorano” in modo positivo, come fosse una vera e propria “età dell’oro”, senza ricordare come i vari problemi fossero pesanti nel momento in cui si dovevano affrontare. Non metto in dubbio che il passaggio degli anni porti con sé anche un aumento di responsabilità e di preoccupazioni  ma per quanto mi riguarda NON vorrei tornare indietro….a parte il fatto che, ovviamente, è impossibile, ma non cambierei il mio “io di oggi” con quello di ieri…la vita è un percorso in cui ogni tappa è assolutamente necessaria per il nostro sviluppo….quello che si è fatto, quello che non si è fatto, esperienze, non-esperienze concorrono a formare il nostro io attuale che è sempre in crescita (se lo vogliamo).

Tornare indietro per “divertirsi di più”? Perché si ha paura delle rughe? Meglio vivere l’attuale guardando al passato per trarne utili suggerimenti per il futuro cercando sempre di essere contenti di ciò che si è, questa è la giusta via, secondo me.

Guerra e pace: domande esistenziali

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220px-Ilya_Efimovich_Repin_(1844-1930)_-_Portrait_of_Leo_Tolstoy_(1887)Che cosa è male? Che cosa è bene? Che cosa bisogna amare, che cosa bisogna odiare? Per che    cosa bisogna vivere e che cosa sono io? Che cos’è la vita, che cos’è la morte? Quale forza governa tutto? […] Nulla è stato trovato, nulla è stato inventato. Possiamo sapere soltanto che non sappiamo nulla. E questo è il grado supremo della sapienza umana“.

Così, Pierre Bezuchov, in Guerra e pace, di Lev Tolstoj

Pink Floyd – Wish you were here – un inno all’amicizia

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Tra tutti i capolavori della mitica band inglese, oggi scelgo di condividere il brano che dà il titolo ad uno dei migliori album della storia della musica, “Wish you were here”. Difficile riuscire ad elencare la miriade di emozioni, sempre differenti, che suscita l’ascolto della canzone…tristezza, malinconia, felicità….è un inno all’amicizia, all’amore per il prossimo. Una presa di coscienza della caducità della vita, la consapevolezza che i problemi esistenziali sono, da sempre e per sempre, gli stessi per tutti…scrive Roger Waters:

We’re just two lost souls swimming in a fish bowl, 
year after year, 
running over the same old ground. What have we found? 
The same old fears, 
wish you were here. 

Poche righe, poche parole, un significato infinito….

Seneca, l’arte di vivere felici

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220px-Seneca Il De vita beata di Seneca è un’opera che consiglio a tutti poiché densa di utili spunti per la vita quotidiana di ogni uomo. L’opera illustra chiaramente i principi della morale stoica e, soprattutto, la personale reinterpretazione del filosofo di Cordova dei capisaldi di tale scuola filosofica.

Il fine della vita è posto, semplicemente, nel raggiungimento della felicità…“tutti aspiriamo alla felicità, ma, quanto a conoscerne la via, brancoliamo come nelle tenebre”. Non è facile comprendere quale sia la strada da intraprendere per arrivare alla felicità, ma per poterla percorrere bisogna, innanzitutto, “avere ben chiaro quel che vogliamo”. La meditazione personale, quindi, è la prima tappa da prendere in considerazione  per poter giungere alla felicità; Seneca esclude a priori la possibilità di raggiungere la felicità seguendo l’opinione dei più, l’opinione della massa: “sono gli esempi degli altri che ci guastano: solo se sapremo tenerci lontani dalla moltitudine potremo salvarci”. 

Ma non dobbiamo pensare che il modello di vita stoico debba essere votato all’ascetismo bensì alla quieta accettazione della vita che si prospetta nel corso della nostra esistenza terrena. Accettazione vuol dire prepararsi alle possibilità che ci attendono nel futuro in modo da essere pronti a qualsiasi evento, positivo o negativo che sia.  Non vuol dire privarsi di un certo benessere ma nel saper dominare il mondo degli oggetti senza esserne dominati; alle critiche che la società poneva nei confronti dello sfarzoso stile di vita del filosofo, Seneca risponde che “il sapiente […] tiene le ricchezze presso di sé come sue schiave, lo stolto, invece, come sue padrone”.

Insomma, una miniera di perle di saggezza, di ideali da perseguire, non necessariamente raggiungibili ma da porre come fari nelle tenebre, mete da tenere salde; a proposito, Seneca ricorda che “il coltivare salutari inclinazioni è di per sé lodevole, indipendentemente dai risultati che si possono conseguire”. 

Anche con la lettura di questa splendida opera, come spesso accade leggendo le opere dei maestri del passato, si può sperimentare, con grande profondità, un confronto con un uomo “antico” su temi molto “contemporanei”. Che cosa è la filosofia, infatti,  se non uno straordinario dialogo senza tempo con la mente dell’uomo?

 

Sartre e la Nausea

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sartreHo appena finito di leggere uno dei più famosi romanzi del Novecento, “La nausea“, di Jean-Paul Sartre e devo dire di aver trovato un validissimo interlocutore per molte delle domande sull’esistenza che nascono nel corso della vita. Che cosa è la nausea? E’ quel sentimento che si avverte quando si capisce che l’esistenza non ha senso, che la nostra vita individuale è paragonabile a quella di ogni singolo oggetto artificiale presente nel mondo. La nausea è un sentimento talmente forte da far impallidire ogni singola esperienza passata, svuotandola di senso e gettando pesanti ombre sul possibile futuro che ci si pone dinnanzi.

Il protagonista del romanzo di Sartre, in soli 30 anni di vita, ha già avuto innumerevoli donne, viaggiato in località esotiche molto distanti dall’Europa, vive di rendita scrivendo libri. Una vita completa, addirittura “avventurosa” ma la Nausea, ad un certo punto, gli impedisce di “colorare” tale esistenza. Ha senso vivere? Esistono le avventure? Non è forse una sorta di commedia la vita? Scrive Sartre: “Ogni esistente nasce senza ragione, si protrae per debolezza e muore per combinazione“. Non c’è spazio per Dio, per il destino, per un senso di vita individuale. C’è indubbiamente molto pessimismo nelle posizioni del filosofo francese ma anche una lucida capacità di lettura del disagio che vive l’uomo contemporaneo. Un disagio fatto di un senso di incompletezza continuo, di insoddisfazione. L’insoddisfazione di esistenze che vivono continuamente il confronto con gli altri privandosi di un personale approccio alla vita, uniformandosi al “si dice”, abbandonandosi alla banalità della massa.

Il potere delle citazioni

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fumettoUltimamente i social network sono diventati il regno incontrastato delle citazioni! Basta aprire l’home page di Facebook per vedere che qualche contatto ha pubblicato un post con una frase di qualche personaggio famoso la cui veridicità è spesso assolutamente dubbia! Credo che molti ragazzini con poche conoscenze storiche possano davvero essere fuorviati ed attribuire falsi pensieri a personaggi storici.

Questo è un problema molto serio, le citazioni sono utili, spesso affascinanti ma se vengono tolte dal loro contesto specifico e associate alle persone sbagliate costituiscono un terribile errore storico. Sono rimasto letteralmente senza parole quando ho saputo che in Germania molti studenti hanno definito Hitler un protettore dei diritti umani, come si può leggere in questo articolo! Internet sta diventando sempre di più il terreno del “qualunquismo”, dell’anarchia. Il falso sapere rischia di diventare sapere vero perché fuori da ogni controllo e a disposizione di menti ancora molto acerbe, menti che non sanno discernere il vero dal falso.

Riconosco il fascino delle citazioni, esse rendono il pensiero dell’autore ancora più universale. Ma non bisogna mai dimenticare di verificare l’origine dei vari aforismi che ci legano agli uomini del passato  e del presente. A proposito, concludo con una citazione recentemente “scoperta”: “Che cos’è la storia? Un’eco del passato nell’avvenire. Un riflesso dell’avvenire sul passato  (Victor Hugo, L’uomo che ride, Garzanti 2011, p. 505).

L’uomo: creatura tra il tutto e il nulla

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PascalIl nome di questo blog riprende, come molti possono aver certo notato, il titolo dell’opera più famosa di Pascal, i cosiddetti “Pensieri” (ricordiamo che nella prospettiva del filosofo l’opera avrebbe dovuto avere come titolo “Apologia del cristianesimo”…). Che cosa sono i libri di filosofia se non “pensieri”, elaborazioni mentali strutturate su diverse tematiche, dalla logica alla teologia, dal diritto alla gnoseologia e così via?

Tra le più interessanti trattazioni filosofiche credo debbano annoverarsi quelle che riguardano l’uomo e il suo ruolo nell’universo, argomento che riguarda effettivamente ogni creatura umana, anche quella apparentemente più disinteressata. Non credo abbia molto senso vivere l’esistenza senza porsi le fatidiche domande sul perché della nostra presenza nella natura, sul nostro destino ultimo, sull’esistenza dell’anima, sull’aldilà…..essere uomini DEVE portare ad interrogarsi su queste questioni e ognuno di noi ha il compito di formulare delle risposte, pur avendo forse la certezza di non poter arrivare ad una soluzione univoca ad ogni problema.

Credo che una delle più riuscite immagini che descrivono al meglio la condizione dell’uomo nel mondo sia fornita proprio da Pascal, il quale si chiede: “Che cos’è l’uomo nella natura? Un nulla in confronto con l’infinito, un tutto in confronto al nulla, qualcosa di mezzo tra il nulla e il tutto“. E’ un’immagine estremamente efficace, quella che ci descrive come creature “mediane”, forme di vita destinate, per loro stessa natura, alla conoscenza ma anche incapaci di conoscere tutto. Esistenze incomparabilmente più grandi e complesse di una formica ma più piccole del più piccolo acaro in confronto alla totalità dell’universo!

Un universo che sempre da Pascal è descritto come una “sfera infinita il cui centro è ovunque, la circonferenza in nessun luogo“, metafora di sapore panteistico che ricorda da molto vicino Giordano Bruno e la sua filosofia.

Come porsi davanti a queste considerazioni se non con il massimo interesse? Possiamo fare a meno di confrontarci con esse? Ovviamente sì, possiamo scegliere di far finta che le domande non nascano spontaneamente dentro di noi, lasciar perdere e vivere la nostra quotidianità come se nulla fosse, come  gli “oggetti tra oggetti” di heideggeriana memoria. Oppure possiamo scegliere di assumerci la responsabilità di essere veramente uomini e cercare di dare il nostro contributo alla ricerca delle soluzioni alle grandi questioni della vita…ognuno di noi nasconde una scintilla di Sapere, sta a noi portarla alla luce!