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Hegel e la dialettica “servo-signore”. Spunti di lettura

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Una delle pagine più famose della filosofia hegeliana è sicuramente quella che descrive il rapporto tra la figura del servo e quella del signore, spunto di partenza anche per molte riflessioni filosofiche successive.

padrone_che_batte_servoLe figure descritte da Hegel fanno la loro comparsa all’interno della “Fenomenologia dello Spirito” il cui titolo, originariamente, doveva essere la “Scienza dell’esperienza della coscienza”. Tutta l’opera, infatti, costituisce una sorta di “romanzo” che ha per protagonista la coscienza individuale e il suo cammino verso il Sapere Assoluto, un cammino dettato da precise tappe tra di loro connesse in modo necessario e organizzate secondo il famoso rapporto triadico, composto da una tesi, dalla sua antitesi e dalla sintesi che entrambe comprende.

Tutta la filosofia di Hegel pone l’accento sul necessario riconoscimento dell’alterità rispetto al sé e sul conseguente superamento della diversità nella sintesi. Anche sul piano strettamente umano, Hegel ci ricorda che:

“L’autocoscienza è in sé e per sé solo quando e in quanto è in sé e per sé per un’altra autocoscienza, cioè solo in quanto è qualcosa di riconosciuto” (p. 275). 

Gli esseri umani si riconoscono come autocoscienze solo nel momento in cui si pongono in relazione gli uni con gli altri; la specificità di ognuno è esplicitata solo nel rapporto con l’altro-da-sé, tuttavia questo reciproco “scambio” non avviene in modo immediato ma solo attraverso uno scontro tra le autocoscienze:

“Il rapporto tra le due autocoscienze, dunque, si determina come un dar prova di sé, a se stesso e all’altro, mediante la lotta per la vita e per la morte […] ed è soltanto rischiando la vita che si mette alla prova la libertà.” (p.281).

Come in una sorta di “stato di natura” di hobbesiana memoria, le due autocoscienze devono mettersi alla prova mettendo a repentaglio, pur di autoaffermarsi, la loro stessa esistenza. Solo l’autocoscienza capace di rischiare totalmente la vita potrà trovare un vero e proprio riconoscimento di sé e diventerà, nella terminologia hegeliana, un “signore”; l’autocoscienza incapace di rischiare, viceversa, non troverà un immediato riconoscimento di sé e diventerà subordinata al signore: nasce la figura del “servo”:

“Il signore si rapporta dunque mediatamente al servo attraverso l’essere autonomo […]; il servo si è rivelato non-autonomo proprio perché ha voluto avere la propria auotonomia nella cosalità. Il signore, invece, avendo dimostrato nella lotta di considerare l’essere autonomo soltanto come un negativo, è la potenza che domina su questo essere […], il signore si rapporta mediatamente alla cosa attraverso il servo […], il servo può solo trasformarla col proprio lavoro”. (pp. 283-285).

quarto-stato1Si va quindi a costituire un rapporto di sudditanza del servo rispetto alla figura del signore/padrone. Tuttavia, grazie ai tipici aspetti di rovesciamento dialettico della filosofia hegeliana, anche il servo riuscirà a trovare riconoscimento di sé proprio grazie al lavoro. E’ proprio l’attività manuale di “trasformazione della natura”, peculiare del lavoro servile, che porterà il servo a sperimentare la coscienza di sé e a sviluppare la prima forma di vera libertà, una libertà più forte di quella del signore, la cui esistenza dipende proprio dal lavoro del suo “sottoposto”:

“Il rapporto negativo verso l’oggetto diviene adesso forma dell’oggetto stesso, e diviene qualcosa di permanente, proprio perché l’oggetto ha autonomia agli occhi di chi lo elabora […]; con il lavoro, la coscienza esce fuori di sé per passare nell’elemento della permanenza […]; in effetti, formando la cosa, la coscienza vede divenire suo oggetto la propria negatività, il proprio essere-per-sé, solo perché essa rimuove la forma essente opposta” (p. 289)

“Nel lavoro, dunque, in cui essa sembrava essere solo un senso estraneo, la coscienza ritrova sé mediante se stessa e diviene senso proprio” (p. 291).

(I passi sono stati tratti dall’edizione Bompiani 2004, traduzione di Vincenzo Cicero).

La “Buona scuola” e le scuole paritarie

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Ci stiamo sempre più avvicinando alle fasi finali del progetto “Buona scuola”, con le imminenti operazioni di trasferimento descritte nella tanto discussa legge 107/2015. Il progetto del governo, come è ormai risaputo, ha portato all’assunzione di numerosi insegnanti che da tempo “ristagnavano” nelle Graduatorie ad esaurimento (GAE) e che nel corso degli anni hanno lavorato con più o meno continuità anche grazie, come il sottoscritto, attraverso contratti di lavoro con Istituti paritari.

Ora, il complesso sistema di reclutamento degli insegnanti ha sempre previsto l’assegnazione di 12 punti annui al servizio prestato sia presso scuole statali, sia presso scuole paritarie. Non un punto in meno, non uno in più….Il punteggio così costituito è stato la base per le nomine in ruolo previste dalla legge 107 (che da questo punto di vista non pone differenze fra stato e privato). I nodi cominciano a venire al pettine solo con la mobilità che, per la prima volta nella storia della scuola italiana, che io sappia, diventa obbligatoria e coatta. E sì, perché adesso il calcolo del punteggio, valido ai fini dei trasferimenti, non tiene più in considerazione, nemmeno in parte, il punteggio prestato presso le scuole secondarie private. La cosa non ha assolutamente senso.

Mi hanno detto che il servizio non può essere considerato perché lo può essere solo quello che serve alla “ricostruzione di carriera”. Ma cosa vuol dire? Ho capito che lo Stato non vuole pagare gli “scatti di anzianità” dovuti in base agli anni prestati, in quanto chi ha lavorato nella paritaria è stato retribuito dalle private. Ma cosa c’entra tutto questo con la valutazione del servizio?  Come si può essere considerati con 0 punti di servizio, dopo 10 e passa anni prestati in una scuola che nel corso degli anni ha fatto mettere i punti nelle GAE e che ha “sfornato” diplomati in tutto e per tutto uguali ai diplomati nello Stato? E, ancora, come si possono non attribuire punti ai percorsi SSIS? Perché i sindacati non intervengono in quello che io vedo un vero e proprio “vuoto normativo”?

Mi si dirà anche che il servizio nelle paritarie non è mai stato contato per i trasferimenti…ma io rispondo a tale domanda con la semplice constatazione che, ad oggi, ogni assunto da GAE ha SEMPRE avuto la sicurezza di lavorare nella provincia di assunzione. Ora, invece, siamo stati assunti con un grosso punteggio che ci ha permesso di restare nella città espressa nella prima preferenza del piano di assunzioni straordinario e ci apprestiamo a doverci muovere in tutta Italia, perché quel punteggio non lo abbiamo più.

Sono indignato da questo sistema perverso.

Le contraddizioni della scuola italiana e la creazione del precariato

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Scuola1 Da quando sono entrato nel mondo della scuola dall’altra parte della “barricata”, quella dei professori, mi sono potuto rendere conto di come il lavoro dell’insegnante sia duro ma anche estremamente coinvolgente, tanto da ritenerlo uno dei lavori più belli possibili.

Ma la scuola italiana, purtroppo, è malata, malata di un cancro che sembra inestinguibile, quello rappresentato dai vari ministri dell’istruzione che si sono succeduti negli anni. In circa 10 anni di lavoro ho assistito a slogan politici di tutti i tipi, nati anche da avverse forze politiche ma che nella sostanza non hanno mai cambiato nulla, se non peggiorato lo stato delle cose.

Abilitato dopo 2 anni di corso SSIS, entrato nelle famigerate GAE, le “graduatorie ad esaurimento” noto oggi come la gran parte di quegli stessi prof. presenti in graduatoria debba ogni anno sperare in una supplenza che, con ogni probabilità, non arriverà mai.

Ma invece di ridurre gli sprechi, aumentare i posti di lavoro, ridurre le classi pollaio, è stata creata tutta una teoria infinita di nuovi precari, attraverso  il TFA, “tirocinio formativo attivo”, il “concorsone” dell’anno scorso, gli scandalosi PAS, e, adesso nuovi TFA e nuovo concorsone.

Nella parole del neo ministro Giannini si vogliono assumere GIOVANI attraverso nuovi concorsi. A parte il fatto molto semplice che a minore età non corrisponde, de facto, una maggiore preparazione, forse il ministro si è dimenticato che le GAE sono PIENE di giovani, come me, che ho 34 anni. O forse 34 anni, per la Giannini, sono ormai troppi per entrare a lavorare con una certa continuità nel mondo della scuola?

Invece che adottare slogan populistici e pseudo regalie da 80 euro con i quali, a detta dei nostri parlamentari, dovremmo poter mangiare per ben 2 settimane, si proceda, se si vuole migliorare la scuola, con una massiccia dose di assunzioni di personale, riducendo, al contempo, il numero di alunni presenti nelle classi. Solo così si renderà progressiva giustizia a quegli italiani che hanno dato tutto per la scuola e si potrà mettere in atto una didattica veramente funzionale per i discenti, il futuro dell’Italia.

Tagliamo anche Filosofia, tagliamo il senso critico!

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gianniniUn nuovo ministro, appena insediato, e già fioccano provvedimenti estremamente dannosi per il mondo della scuola, sia per quanto riguarda l’apprendimento degli studenti sia per quello che concerne la vita di insegnanti che, ancora una volta, potrebbero veder diminuire considerevolmente il loro monte orario e, quindi, la fonte del proprio reddito.

E si, perché il nuovo ministro Giannini parla già di voler costruire un “liceo quadriennale”, senza aspettare nemmeno l’esito di una discussa sperimentazione messa in atto nell’attuale anno scolastico…forse non sa, il ministro, che tale “taglio di un anno”porterebbe alla riduzione da tre a due anni dell’insegnamento della Filosofia.

Ora, tutti gli ultimi tagli al mondo della scuola sembrano privilegiare una logica molto chiara: “eliminiamo materie umanistiche, eliminiamo la comparsa del senso critico, formiamo ragazzi “macchine” privi di pensiero…togliamo la Storia dell’Arte, eliminiamo il più possibile la Filosofia…domani togliamo pure Storia, perché tanto studiare il passato non ha senso, anzi, potrebbe far capire alla gente che noi, probabilmente, non abbiamo nemmeno il diritto di governare”…..io, in questi provvedimenti leggo, fra le righe, questi pensieri…..

Il danno è duplice e mi preme ricordare che non colpirebbe solo gli studenti. Ma partiamo da loro! I ragazzi vedrebbero tagliare di ben un anno il loro percorso di studi di Filosofia. Chi è docente di tale materia sa bene che tre anni non bastano nemmeno lontanamente a rendere giustizia ad un programma infinito, denso di saperi e di pensieri sul reale che letteralmente possono davvero “aprire la mente” degli adolescenti, portandoli a PENSARE, a leggere il mondo con maggiore SENSO CRITICO, scoprendo e scindendo il VERO dal FALSO, ampliando anche il SAPERE LOGICO. Tutto questo, e molto molto altro è la Filosofia. Perché privare gli adolescenti di questi saperi? Quando, nella vita, potranno confrontarsi con i pensieri di PLATONE, scoprendo in un uomo del IV secolo a. C. un loro “contemporaneo” con il quale dialogare apertamente? Quando potranno confrontarsi col pensiero di tutti i grandi pensatori del passato? All’università? Ma in quanti sceglieranno “Lettere e Filosofia” come facoltà?

Parliamo poi dei docenti di Filosofia e Storia, che già nel passato hanno visto ridurre il loro monte ore a danno di altre materie….come completeranno il loro orario settimanale? Ovviamente dovendo scindersi su ancora più classi, eliminando ancora di più la possibilità per l’esercito di precari di accedere all’insegnamento!!! Ma a chi importa se degli insegnanti non potranno arrivare a fine mese? Tanto vivono di pensiero, evidentemente….forse nella mente del ministro altro non siamo che asceti che hanno scelto di abbandonare la “volontà di vivere”….

Ma perché in Italia i ministri non riescono ad avere un pensiero globale, a 360 gradi? Forse hanno studiato poca Filosofia, è chiaro!

Emilio Lussu e la Grande Guerra

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trincee La Grande Guerra è passata alla storia per essere stata la prima vera “guerra di posizione” dell’età contemporanea. Tutti i libri di testo rimarcano, con maggiore o minore efficacia, le caratteristiche di questa nuova tipologia di conflitto, spesso contrapponendolo alle più tipiche “guerre di movimento”. Per quanto possano essere ben fatti, però, i libri di testo non riusciranno mai a rendere “vivo” il racconto storico…per questo bisogna usare le fonti, le sole in grado di riportare l’uomo indietro nel tempo. Per raccontare gli orrori della guerra di trincea,  ho sempre privilegiato alcuni brani tratti dalle lettere inviate dal fronte ma dopo aver letto “Un anno sull’Altipiano“, di Emilio Lussu, credo di aver trovato una nuova miniera di informazioni per poter descrivere, nella fattispecie, quanto avvenuto sull’altipiano di Asiago.

Emilio Lussu, personalità illustre nella storia italiana, combattente durante la Grande Guerra, antifascista convinto negli anni della dittatura di Mussolini,  membro della Costituente e, infine, senatore della Repubblica, è riuscito a fornire, nel suo libro ,un lucidissimo spaccato della vita sul fronte italiano, quel duro fronte costituitosi contro l’Impero Austro Ungarico che ha portato alla morte di innumerevoli esistenze umane.

Il libro si legge tutto di un fiato, tanto è il livello di coinvolgimento emotivo che la scrittura di Lussu riesce a provocare. Il grande merito dell’opera è, a mio avviso,  quello di mettere in luce la chiara incompetenza dei vertici militari alla guida dell’esercito italiano, Cadorna in primis. Lussu descrive, una dopo l’altra, assurde e grottesche “operazioni” volte alla conquista dei fronti nemici le quali, in sostanza, si risolvevano sempre in una carneficina per gli stessi assalitori. E tra un’operazione e un’altra, la tragica vita nelle trincee, fatta di attese, di vita nello sporco, di vita tra feriti, amputati….sempre storditi dal cognac….scrive Lussu: “anche io sentivo delle ondate di follia avvicinarsi e sparire. A tratti, sentivo il cervello sciaguattare nella scatola cranica, come l’acqua agitata in una bottiglia“.

Le pagine fanno comprendere sempre di più come la guerra sia assurda e come le decisioni dei comandanti siano spesso dettate da cieca ottusità: “I comandanti non si sbagliano mai e non commettono errori. Comandare significa il diritto che ha il superiore  gerarchico di dare un ordine. Non vi sono ordini buoni e ordini cattivi, ordini giusti e ordini ingiusti. L’ordine è sempre lo stesso. E’ il diritto assoluto all’altrui ubbidienza”.

Credo che tutti dovrebbero leggere un libro di tale caratura…soprattutto quei tanti ragazzi attratti dalla vita militare e che credono che un soldato possa essere veramente libero…..

Il ricordo degli odori….

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olfatto%202In un precedente post ho parlato del tema della memoria e oggi, a distanza di poco tempo, torno a scrivere qualcosa sui ricordi, in particolare a quelli legati agli odori. Nel campo della memoria gli odori hanno un ruolo di primaria importanza, da sempre mi ricoleggano a eventi del mio passato, spesso molto molto vecchi. Stamattina a lavoro, nell’aula della biblioteca della scuola ho respirato, per l’ennesima volta, quello che nella mia memoria è classificato come “odore di scuola”, un profumo particolare che ho sempre avvertito solo nelle aule delle scuole, spesso nelle biblioteche. E’ quello stesso odore che si sente nelle aule vuote, magari d’estate, quando gli alunni non sono  a scuola e ci sono le riunioni collegiali. E’ un odore che, in fondo, amo e che fa parte della mia vita, da quando, all’età di sei anni ho varcato per la prima volta la soglia della scuola senza esserne, in fin dei conti, mai uscito!

Molteplici possono essere i ricordi legati agli odori, piacevoli ed estremamente sgradevoli! Capita di passare vicino ad una ragazza e sentirne il profumo, lo stesso usato da una ragazza amata e la memoria “salta” letteralmente indietro nel tempo e rivive, nel giro di pochissimi attimi, vicende positive (non solo!). Capita di avvertire puzze inenarrabili e analogamente si torna indietro nel tempo, dentro fatti legati a quei miasmi.

In effetti la memoria è così prodigiosa da permettere di sentire un profumo anche in assenza di odori di qualsiasi genere! Anche adesso, in questo istante, posso concentrare la mia memoria in modo tale da avvertire, seppur in modo meno intenso, odori a cui sono legato. Il cervello umano è capace davvero di far provare esperienze straordinarie…..